La musica senza confini dei Blewitt: "Nessuna contrapposizione tra generi musicali"
- Scritto da Carlo Cammarella
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Pubblicato recentemente dall'etichetta Neuklan, Exploring New Boundaries è il disco d'esordio dei Blewitt, da oggi anche in formato fisico. La band nasce dall'incontro di tre musicisti che hanno deciso di condividere le loro visioni musicali con l'obiettivo di compiere una sintesi tra la musica classica, il jazz e il rock. Ecco quello che raccontano a Jazz Agenda in merito a questa nuova avventura.
Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?
Il disco “Exploring New Boundaries” è per noi un'opera prima. Anche se è uscito dopo l’EP Ouverture, abbiamo iniziato a lavorarci molto prima. Appena ci siamo incontrati, 5 anni fa, abbiamo iniziato a lavorare su questo linguaggio comune e alcuni dei brani ed arrangiamenti sono stati scritti per buona parte nel corso di questi 5 anni. Per noi è il frutto di tanti anni di lavoro continuo, con un grande investimento di energie, tempo e risorse economiche. Nel disco ci sono racchiuse tante idee musicali, in 12 brani e 78 minuti di musica. Tutte registrate rigorosamente con Pianoforte, Basso Elettrico e Batteria. L’effettistica è al minimo, scelta che abbiamo fatto per stimolarci a cercare idee musicali non nei suoni ma nelle note. L’album rappresenta lo sforzo collettivo del trio, permettendoci di crescere sia come musicisti che come persone. Il nome dell’album, in italiano Esplorare Nuovi Confini, è anche il nostro credo. È una dichiarazione d’intenti. Siamo convinti che i confini siano solo delle linee su delle mappe, che i veri confini al massimo sono nella nostra testa. Uno dei punti cardine che abbiamo cercato di esprimere nel disco è che per noi non esiste una contrapposizione tra i vari generi musicali. Non c’è una musica “classica” contrapposta ad una “jazz”, ad esempio. I vari linguaggi possono coesistere tra loro senza troppi problemi, mostrando come siamo spesso noi musicisti a creare queste divisioni fittizie, che però non hanno alcun riscontro logico. Nella definizione etimologica di composizione c’è il concetto di disporre in maniera (più o meno) ordinata parti diverse. Ogni brano, composizione, sonata o sinfonia è il risultato di tantissimi elementi diversi di diversa natura e origine temporale. Per noi, “liberarci” di questo concetto di genere musicale ci ha permesso di esplorare con creatività cosa si può fare con un trio, senza pregiudizi e limiti. Un altro confine che vorremmo superare è quello dei confini nazionali. Suonare la nostra musica in giro per il mondo è uno degli obiettivi del trio. Questo linguaggio personale nasce anche con lo scopo di presentarsi al mondo musicale internazionale, non con una imitazione di una visione musicale americana, ma con un linguaggio che possa rappresentarci come giovani musicisti e compositori italiani ed europei.
Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?
Il gruppo nasce nel 2018, con l'idea di creare musica originale senza compromessi di natura commerciale. Vogliamo creare musica al livello più alto che riusciamo a raggiungere. Abbiamo cercato di creare un nostro linguaggio, che prendesse ispirazione sia dalle nostre radici classiche che dalle nostre radici jazzistiche e rock. Un linguaggio non limitato a un genere predefinito, in cui improvvisazione e parti scritte si intrecciano fluidamente. Si potrebbe parlare di musica “Third Stream” volendo. Il gruppo nasce proprio per dare sfogo a questa esigenza creativa di tutti e tre. Il nome del progetto è un gioco di parole. Blewitt è sia una civetta (Athene blewitti), simbolo dell’armonia e della sapienza, sia una dichiarazione di intenti. Non abbiamo paura di fare errori, in quanto crediamo che se vuoi creare qualcosa di nuovo non puoi aver paura di sbagliare. La musica che ci emoziona spesso è quella che ci porta in posti che non conosciamo. Siamo stati invitati su palchi importanti in giro per l’Europa, nel futuro vogliamo continuare a crescere musicalmente e portare la nostra musica in giro il più possibile.
Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?
Per noi Exploring New Boundaries è stato tutti e tre. Il lavoro di anni è sintetizzato nelle 12 tracce, brani in cui abbiamo racchiuso tantissime idee, impegno ed energie. Per il nostro primo disco abbiamo voluto dare il massimo. È anche una fotografia di ciò che siamo e dell’esperienza di registrazione in Germania e di tutto quello che ci ha portato fin lì. Uno dei significati di Exploring New Boundaries è quello di voler andare oltre i confini nazionali, e da questo punto di vista speriamo sia un inizio, un punto di partenza.
Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?
La lista dei nostri riferimenti musicali sarebbe vastissima. L’essenza stessa del linguaggio sincretico che cerchiamo di sviluppare nella nostra musica nasce soprattutto dall’aver ascoltato e suonato tanti generi musicali. Oggi ognuno di noi ha in tasca l’intera produzione discografica mondiale, è una cosa senza precedenti che sicuramente sta avendo un forte impatto sulla musica e sui musicisti. Corea, Ravel, Shorter, Hancock, Bartok, Piazzolla, Jobim, Basie, Gordon etc. Sicuramente dai due standard di Exploring New Boundaries (più il “Fuoco di Lauridsen”) e dalle 4 cover di Con “Ouverture” ci si può fare un’idea!
Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?
Sul piano musicale stiamo continuando la sperimentazione con altra strumentazione, batterie elettroniche, synth, samples, fx etc. Abbiamo iniziato con Ouverture questo tipo di esperienza e crediamo che andare oltre i confini sia anche abbracciare in toto le sonorità della Drum&Bass, EDM, Hip Hop, Trap, Trance, Ambient e in generale tutto ciò che è prodotto in the box. Exploring New Boundaries è un disco registrato completamente live, con strumentazione che in molti generi è d’altri tempi. Siamo fieri e felici della scelta fatta, sentiamo che allargare la scelta di strumentazione sia una lama a doppio taglio, ma che contemporaneamente certe sonorità si possono abbracciare veramente solo entrando in contatto con gli strumenti di quei generi. Noi crediamo profondamente che non ci siano generi musicali di serie A e di serie B, e che i migliori dischi non siano stati fatti guardando al passato ma al presente se non al futuro.
Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?
Sul piano concertistico stiamo progettando un tour per l’Italia per presentare il disco sul palco, esperienza a cui siamo legati e in cui diamo tutti noi stessi. Al momento stiamo scrivendo nuovo materiale, anche in luce alla collaborazione con altri artisti come Rosario Giuliani, e delle sperimentazioni “in the box”. Seguiteci sui nostri Social per maggiori news!
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