JAZZ AGENDA

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Live Report: i Latin Mood di Bosso e Girotto per l’anteprima dell’ultimo disco “Vamos”

ROMA – La 35° edizione del Roma Jazz Festival chiude la sua seconda settimana di concerti nella sala Goffredo Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica sabato 26 novembre. A pochi minuti dall’inizio del concerto posti liberi non ce ne sono, ad aspettare il sestetto sul palco troviamo gli strumenti già schierati, immobili ancora per poco, in una formazione che vede le percussioni e la batteria sullo sfondo, una linea mediana occupata dal basso elettrico affiancato dal pianoforte a coda e sul proscenio, vicinissimi al pubblico, il sax soprano e baritono per Javier Edgardo Girotto, la tromba e il flicorno per Fabrizio Bosso. Sarà perché in Italia il gioco del calcio è l’argomento di molte discussioni, sarà che in platea c’è il campione del mondo del 1982 Marco Tardelli, ma il fatto certo è che il primo brano riporta alla mente l’appuntamento domenicale davanti alla radio durante la sigla di “Tutto il calcio minuto per minuto”. Il concerto si apre così, con il brano rivisitato già nel 1965 da Herb Alpert, The taste of honey. Il secondo brano è Theorema, di Girotto, che mette in evidenza il pianista, il ritmo è più compassato, il flicorno più dolce, l’atmosfera può far pensare a un signore che canticchia fra sé una canzone di cui non sa le parole.

L’assolo di Bosso si fa più deciso e quelle parole indistinte adesso sono scandite con chiarezza. Applausi del pubblico e lo spartito passa a Girotto che posa il sax soprano per dedicarsi un po’ a quello baritono.Africa Es, di Mangalavite, impone un gran lavoro per il batterista Lorenzo Tucci, è vero che tocca lo strumento solo con le bacchette ma a guardarlo sembra che suoni anche con i gomiti e le spalle. Il busto sale, il collo sparisce, una compulsione che stimola le percussioni. Al pianoforte la testa di Natalio Mangalavite fa così tante volte su e giù che è un miracolo che non si sviti. Il brano finisce con le percussioni di Bruno Marcozzi che insieme al batterista porta il suono a un ritmo incalzante. ConMaragliao di Girotto è il momento di Luca Bulgarelli, al basso elettrico in posa statuaria. I due leader del gruppo restano accucciati per tutta la durata dell’assolo come a voler convogliare l’attenzione alle loro spalle. Girotto si rialza, percorre da solo qualche riga di spartito ed è raggiunto da Bosso, questa volta con il flicorno. Quando il pezzo si chiude gli applausi della platea partono dal maestro Nicola Piovani, seduto proprio accanto a noi. Adesso solo voce e tastiera, gli altri musicisti lasciano il palco. C’è solo Mangalavite che intona Algo Contigo di Chico Novarro, l’atmosfera è misteriosa, all’inizio le parole sono in una lingua sconosciuta poi i riflettori si fanno meno soffusi, il resto dei Latin Mood rientra in scena, le parole ora sono in lingua spagnola, non sappiamo cosa abbia cantato fino a questo momento ma è piaciuto a tutta la sala.

Virtuosismi di Bosso quando esegue El Mastropiero di Girotto, si piega a metà, il busto gli oscilla al punto che la tromba gli arriva alle ginocchia, le dita impazziscono, infilano una serie di accordi che lasciano la Petrassi imbambolata prima di sfruttare quel tacito vuoto che incoraggia l’applauso, ma è già il momento del basso, poi di Girotto, di Bosso e Girotto e di tutti e sei. Mathias di Bosso è un pezzo notevolmente più morbido, quasi fiabesco negli inserti delle campane tubolari, Girotot ha ripreso il sax tenore, Bosso il flicorno. In tutta sincerità questo è proprio un brano romantico, da cena a lume di candele, se vi capita un incontro del genere assicuratevi che le orecchie siano servite da Mathias.

In a sentimental Mood di Duke Ellington, brano del 1935 eseguito nel corso del secolo scorso anche da John Coltrane, Ella Fitzgerald e Billy Joel solo per citarne alcuni, segna il ritorno della tromba, un andamento del pianoforte più secco, il sax tenore alterna tonalità in salita e in discesa, sembra che stia ingaggiando con la tromba una gara a chi arriva più lontano. Javier e Fabrizio si capiscono con gli sguardi e quando lasciano  il posto al resto del gruppo consultano la scaletta, qualcosa nelle loro menti è cambiato. Alla fine del pezzo la decisione è diramata al resto dei leggii, assistiamo a un su e giù di spartiti e via al brano successivo. Matias, di Girotto questa volta, ha un ritmo allegro, basso e flicorno duettano sottovoce giusto il tempo per quest’ultimo di prendere la rincorsa e soffiare più forte. Entrano in scena il pianoforte, le percussioni e la batteria, Javier se li guarda, si diverte e si contorce intorno al sax baritono con la sua Vamos, brano che dà il nome all’ultimo lavoro dei Latin Mood, sul mercato a partire da marzo 2012. Javier batte il tempo con la gamba, butta una spalla avanti negli acuti, molleggia sulle ginocchia e questo solo per raccontarvi del corpo, sapeste che suono. Bosso intanto spreme la tromba fino all’ultima nota.

Il sestetto lascia la scena, ma l’applauso ininterrotto lo richiama per regalarci un bis che prevede The shadow of your smile, che ha conosciuto interpreti come Barbara Streisand, Sarah vaughan e Frank Sinatra, e African Friends (Bosso). Il 28 novembre del 2008 usciva “Sol”, brano d’esordio della formazione dei Latin Mood, sabato sera, quasi a celebrare l’anniversario di quell’esordio c’è stata l’anteprima non ufficiale del loro ultimo lavoro, Vamos, che sarà presentato al “The Place” di Roma,  il 13 marzo 2012.

Andrea Palumbo

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Live report – Roma Jazz Festival: Roberto Gatto ci racconta il prog inglese

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Questo progetto fa parte di uno dei sogni nel cassetto che coltivo da diversi anni. Personalmente ho sempre amato le sfide e come sempre, mosso dall’entusiasmo, ho accettato di tentare anche questa”. E dal 2008, anno in cui ha visto la luce il progetto Progressivamente in un album registrato dal vivo alla Casa del Jazz, sono state diverse le occasioni in cui Roberto Gatto ha dimostrato di aver vinto totalmente questa sfida. Accompagnato da musicisti del calibro di Fabrizio Bosso alla tromba, Luca Mannutza alle tastiere e piano, John De Leo (ex voce dei Quintorigo), Roberto Rossi al trombone, Francesco Puglisi al basso, Maurizio Giammarco al sax e Roberto Cecchetto alla chitarra, venerdì 11 novembre Gatto ha regalato al pubblico dell’Auditorium il suo omaggio al rock progressive, nelle rivisitazioni di brani tratti dai dischi dei King Crimson, Genesis, Matching Mole, Robert Wyatt e Pink Floyd (oltre ad un brano originale di John De Leo). “Ho voluto coinvolgere musicisti che come me avessero vissuto quel momento musicale in quegli anni, ma anche musicisti più giovani, che magari avessero un punto di vista e una chiave di lettura differenti”. La sala Petrassi è gremita, ed il pubblico decisamente vario!

I musicisti salgono sul palco inizialmente senza John De Leo, che solo dopo i primi due brani spunta -letteralmente- da dietro la batteria ad intessere un gioco di suoni con la sua voce; una serie di “vocalizzi” che si incalzano, creando una buffa parentesi che non tradisce le capacità e la bravura di questo artista. De Leo gioca altrettanto col microfono, complementare e necessario nel far cogliere le molteplici sfaccettature sonore che lo stesso riesce a darsi. Differentemente Bosso usa il microfono per distorcere il suono della sua tromba, inscenando un botta e risposta di identici accordi che risultano come due voci diverse. Quello dei tre fiati poi, è uno spettacolo non solo sonoro, ma anche visivo; simili e sincronizzati i loro gesti danno la percezione che la musica -in quel momento- li abbia davvero uniti in un’unica melodia. Roberto Gatto ci spiega la scelta dei brani, ce ne racconta la genesi, cadenzando così l’ora e mezza trascorsa assieme. Si emoziona parlando di un’amica musicista scomparsa poche ore prima del concerto; aprendo uno squarcio (purtroppo) malinconico di vita personale. Anche in questo modo la musica ci parla, riesce a strappare un’emozione diversa ad ognuno di noi, a non rendersi fine all’ascolto e basta. L’inquietante romanticismo di Sea Song (potete immaginare quanto l’abbia reso tale la camaleontica voce di John De Leo), la poesia (arte a cui, del resto, si ispira) di Watcher of the Skies, o la chiusura con la splendida Trilogy (la cui prima parte è stata lasciata esclusivamente a Luca Mannutza e Maurizio Giammarco), sono solo una parte del racconto di una storia -quella del prog inglese- che gli abili narratori ci hanno restituito in musica.
Serena Marincolo
foto di Valentino Lulli
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Live report: Il MAT trio al Music Inn: ospite Fabrizio Bosso

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C’era grande attesa riguardo la riapertura del Music Inn e stando a quanto siamo riusciti a vedere la scorsa settimana, le aspettative non hanno di certo tradito quello che ci si attendeva. Questo jazz club, che con nostro immenso piacere ha riaperto i battenti lo scorso aprile del 2011, ha presentato al pubblico tre concerti d’eccezione. Siamo partiti giovedì con una Jam session ricca di nomi, per poi passare al concerto del MAT trio di venerdì che sabato ha ospitato Fabrizio Bosso, uno dei musicisti più talentuosi del panorama musicale italiano. Quello che possiamo dire, quindi, dopo aver partecipato alla presentazione all’attività della scorsa settimana, è che il Music Inn non è soltanto un jazz club, ma un progetto nel quale confluiscono arte, musica, letteratura e anche la buon cucina. Chiaramente se parliamo di un jazz club, la musica avrà senza dubbio un ruolo di primo piano e infatti quello che possiamo notare dopo queste prime giornate all’insegna del jazz è che accanto ai grandi nomi presenti nella programmazione del Music si affiancheranno anche i giovani talenti emergenti.

 

E se a questo, poi, ci aggiungiamo che uno spazio notevole verrà dato anche alla buona cucina, anch’essa un’arte a tutti gli effetti, allora le premesse per una buona riuscita ci sono davvero tutte quante. E durante questo week end di fuoco, in cui si sono presentati molti fra i più grandi musicisti romani ed italiani, abbiamo avuto il piacere di vedere il concerto del MAT trio, composto da Marcello Allulli al sax,Francesco Diodati alla chitarra ed Ermanno Baron alla batteria, con ospite d’eccezione Fabrizio Bosso. Cosa ci dovevamo aspettare da una serata come questa se non uno spettacolo da incorniciare? Del resto la risposta del pubblico, che ha riempito il locale senza lasciare uno spazio vuoto, è arrivata e bastava guardarsi un po’ intorno per capire che non c’era più l’ombra di un posto, con gente sparsa in ogni angolo del Music Inn. E nel momento in cui la parola è passata alla musica, la gente ha smesso di parlare, il brusio si è interrotto e ci siamo lasciati trasportare da questi due fiati che ci hanno condotto verso un fantastico turbinio di sensazioni. La cosa più bella è stata sicuramente l’atmosfera che si è creata, unita alle sensazioni che una location del genere ha potuto trasmetterci. In un jazz club, infatti, tutto diventa più raccolto, intimo, familiare e si possono ammirare i musicisti scambiarsi segni d’intesa o quelle occhiate che valgono più di cento parole.

Marcello Allulli, durante gli stacchi parla, scherza e si diverte, mentre Bosso rimane sempre concentrato. Sono forse due approcci diversi che si completano, si fondono per creare un’armonia senza precedenti che lascia incantato tutto il pubblico presente. E mentre la musica scorre fluida e leggera i due fiati si alternano, dialogano insieme, giocano con complicità e ci fanno percepire la gioia di suonare, di improvvisare, di divertirsi e di far divertire. Insomma, non è la prima volta che abbiamo il piacere di ascoltare il MAT trio, ma il fatto che accanto al sax di Marcello Allulli ci sia stata anche la tromba di Fabrizio Bosso ha creato aspettativa e novità allo stesso tempo. Un concerto fantastico che consigliamo a tutti di vedere almeno una, due, tre, quattro volte…

Carlo Cammrella

Valentino Lulli

Foto di Valentino Lulli

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CASA DEL JAZZ LIVE DIARY : Le Orme e il Banco del Mutuo Soccorso chiudono Progressivamente

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Non c’è discussione sul fatto che i primi anni ’70 siano stati i più prolifici per il rock progressivo italiano, anni in cui le più importanti formazioni di questo genere producevano i migliori dischi e i migliori concerti. E le persone che spesso ci hanno raccontato di quel periodo, ce l’hanno definito come magico e irripetibile, come un qualcosa che si respirava nell’aria e che forse non sarebbe tornato più. Certo, se ci pensiamo un po’ su, la prima cosa che potremmo rispondere è che probabilmente hanno anche ragione, ma pensandoci meglio, potremmo anche contestare dicendo che domenica 11 settembre alla Casa del Jazz (nell’ambito del Festival Progressivamente), a vedere Le Orme e il Banco del Mutuo Soccorso, c’erano quasi tre mila persone. E non parliamo soltanto di nostalgici amanti della musica degli anni ’70, ma di un pubblico che forse rappresenta tutte le generazioni e che semplicemente ama la buona musica. Quindi, cerchiamo di proiettarci per un attimo in quella serata e per capire meglio l’atmosfera diciamo subito che ben prima dell’inizio del concerto non era rimasta l’ombra di un posto a sedere. Gente seduta per terra, in piedi, vicina al mixer e ai lati del palcoscenico per un concerto davvero indimenticabile che ci ha fatto sentire come dei privilegiati baciati da una buona stella, magari da “La croce del sud”, giusto per fare una citazione ad hoc. Ma lasciamo stare le parole rubate a persone che sicuramente hanno più inventiva di noi e cerchiamo di tuffarci nell’atmosfera di questa splendida serata.

I primi a salire su questo palcoscenico e ad incantare un pubblico più che mai ansioso di ascoltare sono Le Orme. Certo, è probabile che tutti gli amanti del progressive siano a conoscenza della separazione avvenuta fra gli ultimi due membri della storica line up, ovvero il batterista Michi Dei Rossi e il vocalistAldo Taglialapietra, ma questo non vuol dire che il gruppo abbia perso la voglia e l’inventiva per stupire e per stupirsi. E quindi, se pensiamo che adesso alla voce c’è Jimmy Spitaleri, fondatore dei Metamorfosi, allora possiamo proprio dire che sebbene le cose cambino, come a volte è anche giusto che sia, la buona musica rimane sempre tale e riesce sempre ad emozionare. E poi la presenza scenica non è da sottovalutare per niente. Spitaleri si presenta con una chioma lunga e folta e con tutta l’energia necessaria per affrontare una serata del genere.

 

Fin dall’inizio, infatti, da quando Le Orme cominciano a suonare, riescono a creare atmosfere surreali, a trascinarti in quell’arte della sperimentazione che soltanto pochi musicisti riescono a fare così bene. La prima parte è dedicata tutta all’ultimo lavoro d studio, La via della Seta. Testi che parlano di viaggi, sia terreni che mentali, musiche che hanno il potere di farti abbandonare la realtà per permetterti di tuffarti in un universo parallelo fatto di suoni, colori, ma anche di arte e poesia. Due viaggi, uno compiuto attraverso il suono degli strumenti, l’altro attraverso la narrazione e la conoscenza. C’è anche il tempo per fare un tuffo nel passato con il disco Felona e Sorona, suonato al momento della chiusura, e per ascoltare quella musica corale, sinfonica, monumentale che da sempre è stata, secondo noi, la principale caratteristica di questa formazione. E il concerto in questo modo acquista diverse sfaccettature, diversi momenti che lo rendono unico e irripetibile fino all’ultima chiusura della batteria di Michi Dei Rossi, sempre impeccabile, come del resto tutti gli altri membri delle Orme.

Ora, solitamente dopo che termina il primo concerto bisogna aspettare un po’ di tempo perché cominci il secondo. In generale passano una ventina di minuti, ma questa volta, forse perché la voglia di suonare era davvero tanta, non ne sono passati neanche cinque. Il Banco del Mutuo soccorso, infatti, sale sul palcoscenico della Casa del Jazz dopo un brevissimo tempo di intervallo e comincia a suonare con tutta l’energia che tutti gli amanti di questa band si aspettano di percepire. Francesco di Giacomo, voce della band, a 60 anni suonati ha ancora energia da vendere e Vittorio Nocenzi piuttosto che suonare vola sulla tastiera. Ma la cosa bella, che viene spesso sottolineata da più membri della band, è che la musica è condivisione. Senza il pubblico non ci sarebbe la stessa alchimia e quindi niente di tutto quello che abbiamo visto e sentito sarebbe possibile. Sono parole che ci fanno capire la passione che c’è dietro ogni singola nota suonata o pizzicata su ogni strumento. Energia pura, energia positiva, energia che ci fa viaggiare nello spazio e nel tempo e che allo stesso tempo riesce a metterti nelle migliori condizioni possibili.

 

Francesco di Giacomo ha ancora una voce capace di emettere suoni irripetibili e di alternare ad essi momenti di recitazione pura, come se il concerto fosse un’opera d’arte in continuo movimento. E sebbene ci sia un momento in cui ogni singolo elemento riesca ad emergere, la cosa più bella rimane sempre quella musica d’insieme che durante questa serata indimenticabile è riuscita ad ipnotizzare il pubblico per oltre un’ora e mezzo. Il concerto, quindi, scorre veloce e nella sua complessità risulta, leggero, coinvolgente quasi inafferrabile. Con il Banco tutto diventa semplice, si crea un legame fra pubblico e palco, i ritmi incalzanti e la potenza che viene sprigionata dalla formazione coinvolge tutti, anche quelli che magari si trovavano lì per caso ignari di quello che avrebbero ascoltato. E la cosa che ci ha davvero colpito è l’umiltà, la semplicità, la spensieratezza con cui la serata viene affrontata, come se questi illustri signori con alle spalle 40 anni di rock progressivo si fossero fermati davanti allo scorrere del tempo per regalarci attimi di estasi per i nostri timpani.

E come grande conclusione di questa serata, che sicuramente ricorderemo per un bel po’ di tempo, salgono sul palco insieme al Banco le Orme. E immaginatevi cosa può succedere in un concerto con due formazioni del genere che suonano insieme canzoni capolavoro come Non mi rompete. E’ qualcosa che ci viene veramente difficile da spiegare senza l’ausilio di quei musicisti che per 20 minuti ci hanno fatto viaggiare con ritmi e melodie che non si possono definire coinvolgenti perché altrimenti sarebbe troppo riduttivo. Insomma, quella di domenica è stata la conclusione in grande stile di un festival (Progressivamente) che per una settimana ci ha davvero tenuto compagnia con alcuni dei migliori musicisti della scena di ieri, di oggi e chissà… Forse anche di domani.

Carlo Cammarella

foto di Valentino Lulli

 

 

 

 

 

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CONCERTI JAZZ A ROMA

Gli appuntamenti del 28divino

Cominciano domani i concerti del jazz club di via della Mirandola con Base One Live formazione composta da Tony Formichella al sax tenore, Giulia Salsone o Francesco Tosoni alla chitarra, Mauro Gavini al contrabbasso e Mattia de Cretico alla batteria. Nella seconda parte di questa serata Jam session “Tony’s friends aperta a tutti. Proseguiamo venerdì 9 dicembre con Snap Quintet, formazione riproposta da Andrea Zanchi al 28divino. Ai fiati, per la prima volta, si troveranno assieme il sassofonista Carlo Conti ed il trombettista Giambattista Gioia. Carlo Conti porta con sé una bella esperienza musicale vissuta direttamente a Cuba mentre, Giambattista Gioia, ha militato per tanto tempo con il sassofonista Enzo Scoppa. Ma il pianista romano ci ha abituato a simili connubi (nelle sue formazioni lo abbiamo apprezzato con M.Giammarco, M.Raia, S.Satta e tanti altri ancora) e SNAP Quintet è una buona occasione per ascoltare la sua musica, i suoi arrangiamenti che spaziano dal latin al funk sempre con gusto e fantasia. L’ottima ritmica è sostenuta da Steve Cantarano al contrabbasso e Max De Lucia alla batteria. Assolutamente da seguire! Sabato 10 dicembre saliranno sul palcoscenico del 28divino gli Hard Chords Trio, uno dei gruppi più interessanti del nuovo panorama jazzistico della capitale.

Grazie alla creatività ed all’originalità degli arrangiamenti, il trio ha rielaborato alcuni dei più celebri successi della musica rock internazionale, rendendoli propri e mostrando una volta di più come la musica sia un unico grande flusso in perenne movimento. Dai Rolling Stones, ai Nirvana, ai Police e molti altri, gli Hard Chords Trio vi accompagneranno in un viaggio affascinante tra ricordi e innovazione.Gli Hard Chords Trio si presentano con la classica formazione da trio jazz (piano, contrabbasso e batteria), ma propongono un viaggio nella storia del rock, attraverso la rivisitazione in chiave strumentale dei successi dei più grandi gruppi, quali: Led Zeppelin, Police, Deep Purple, Rolling Stones. Nati nel 2009, si esibiscono in locali e festival di Roma e dintorni riscuotendo sempre un ottimo successo di pubblico. E per concludere questo week end, domenica sarà la volta del Francesco Diodati – Matteo Bortone trio.

GIOVEDI1 8 DICEMBRE
Ore 21.30 !! 

1°  lunga parte CONCERTO
BASE ONE LIVE

Tony Formichella, sax tenore
Giulia Salsone o Francesco Tosoni, chitarra
Mauro Gavini, contrabbasso
Mattia Di Cretico, batteria

Ingresso 5,00 euro più tessera associazione

SECONDA PARTE: JAM SESSION “TONY’s FRIENDS” Aperta a tutti

(Ingresso Libero) (l’ultima del 2011)

VENERDI’ 9 DICEMBRE
ore 22.30 
SNAP QUINTET 

Carlo Conti al Sax
Giambattista Gioia alla tromba
Andrea Zanchi al piano
Steve Cantarano al contrabbasso
Max De Lucia alla batteria.
Ingresso 5,00 euro più tessera associazione

SABATO 10 DICEMBRE
ore 22.30
HCT – HARD CHORDS TRIO
Lorenzo Ditta – Pianoforte
Paolo Grillo – Contrabbasso
Davide Pentassuglia – Batteria

Ingresso 5,00 euro più tessera associazione

DOMENICA 11 DICEMBRE  ( la serata dedicata a Amy Winehouse è stata posticipata )

ore 21.30

Francesco DIODATI – Matteo BORTONE

TRIO

28DiVino Jazz, wine and cheese

via Mirandola, 21 – 00182 Roma ( staz.Tuscolana-S.Giovanni-Re di Roma)

Info e prenotazioni: 340 82 49 718 dopo le 17.00 e solo nei giorni di apertura.

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CASA DEL JAZZ LIVE DIARY : Le Orme e il Banco del Mutuo Soccorso chiudono Progressivamente

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Non c’è discussione sul fatto che i primi anni ’70 siano stati i più prolifici per il rock progressivo italiano, anni in cui le più importanti formazioni di questo genere producevano i migliori dischi e i migliori concerti. E le persone che spesso ci hanno raccontato di quel periodo, ce l’hanno definito come magico e irripetibile, come un qualcosa che si respirava nell’aria e che forse non sarebbe tornato più. Certo, se ci pensiamo un po’ su, la prima cosa che potremmo rispondere è che probabilmente hanno anche ragione, ma pensandoci meglio, potremmo anche contestare dicendo che domenica 11 settembre alla Casa del Jazz (nell’ambito del Festival Progressivamente), a vedere Le Orme e il Banco del Mutuo Soccorso, c’erano quasi tre mila persone. E non parliamo soltanto di nostalgici amanti della musica degli anni ’70, ma di un pubblico che forse rappresenta tutte le generazioni e che semplicemente ama la buona musica. Quindi, cerchiamo di proiettarci per un attimo in quella serata e per capire meglio l’atmosfera diciamo subito che ben prima dell’inizio del concerto non era rimasta l’ombra di un posto a sedere. Gente seduta per terra, in piedi, vicina al mixer e ai lati del palcoscenico per un concerto davvero indimenticabile che ci ha fatto sentire come dei privilegiati baciati da una buona stella, magari da “La croce del sud, giusto per fare una citazione ad hoc. Ma lasciamo stare le parole rubate a persone che sicuramente hanno più inventiva di noi e cerchiamo di tuffarci nell’atmosfera di questa splendida serata.

 

I primi a salire su questo palcoscenico e ad incantare un pubblico più che mai ansioso di ascoltare sono Le Orme. Certo, è probabile che tutti gli amanti del progressive siano a conoscenza della separazione avvenuta fra gli ultimi due membri della storica line up, ovvero il batterista Michi Dei Rossi e il vocalistAldo Taglialapietra, ma questo non vuol dire che il gruppo abbia perso la voglia e l’inventiva per stupire e per stupirsi. E quindi, se pensiamo che adesso alla voce c’è Jimmy Spitaleri, fondatore dei Metamorfosi, allora possiamo proprio dire che sebbene le cose cambino, come a volte è anche giusto che sia, la buona musica rimane sempre tale e riesce sempre ad emozionare. E poi la presenza scenica non è da sottovalutare per niente. Spitaleri si presenta con una chioma lunga e folta e con tutta l’energia necessaria per affrontare una serata del genere.

Fin dall’inizio, infatti, da quando Le Orme cominciano a suonare, riescono a creare atmosfere surreali, a trascinarti in quell’arte della sperimentazione che soltanto pochi musicisti riescono a fare così bene. La prima parte è dedicata tutta all’ultimo lavoro d studio, La via della Seta. Testi che parlano di viaggi, sia terreni che mentali, musiche che hanno il potere di farti abbandonare la realtà per permetterti di tuffarti in un universo parallelo fatto di suoni, colori, ma anche di arte e poesia. Due viaggi, uno compiuto attraverso il suono degli strumenti, l’altro attraverso la narrazione e la conoscenza. C’è anche il tempo per fare un tuffo nel passato con il disco Felona e Sorona, suonato al momento della chiusura, e per ascoltare quella musica corale, sinfonica, monumentale che da sempre è stata, secondo noi, la principale caratteristica di questa formazione. E il concerto in questo modo acquista diverse sfaccettature, diversi momenti che lo rendono unico e irripetibile fino all’ultima chiusura della batteria di Michi Dei Rossi, sempre impeccabile, come del resto tutti gli altri membri delle Orme.

Ora, solitamente dopo che termina il primo concerto bisogna aspettare un po’ di tempo perché cominci il secondo. In generale passano una ventina di minuti, ma questa volta, forse perché la voglia di suonare era davvero tanta, non ne sono passati neanche cinque. Il Banco del Mutuo soccorso, infatti, sale sul palcoscenico della Casa del Jazz dopo un brevissimo tempo di intervallo e comincia a suonare con tutta l’energia che tutti gli amanti di questa band si aspettano di percepire. Francesco di Giacomo, voce della band, a 60 anni suonati ha ancora energia da vendere e Vittorio Nocenzi piuttosto che suonare vola sulla tastiera. Ma la cosa bella, che viene spesso sottolineata da più membri della band, è che la musica è condivisione. Senza il pubblico non ci sarebbe la stessa alchimia e quindi niente di tutto quello che abbiamo visto e sentito sarebbe possibile. Sono parole che ci fanno capire la passione che c’è dietro ogni singola nota suonata o pizzicata su ogni strumento. Energia pura, energia positiva, energia che ci fa viaggiare nello spazio e nel tempo e che allo stesso tempo riesce a metterti nelle migliori condizioni possibili.

Francesco di Giacomo ha ancora una voce capace di emettere suoni irripetibili e di alternare ad essi momenti di recitazione pura, come se il concerto fosse un’opera d’arte in continuo movimento. E sebbene ci sia un momento in cui ogni singolo elemento riesca ad emergere, la cosa più bella rimane sempre quella musica d’insieme che durante questa serata indimenticabile è riuscita ad ipnotizzare il pubblico per oltre un’ora e mezzo. Il concerto, quindi, scorre veloce e nella sua complessità risulta, leggero, coinvolgente quasi inafferrabile. Con il Banco tutto diventa semplice, si crea un legame fra pubblico e palco, i ritmi incalzanti e la potenza che viene sprigionata dalla formazione coinvolge tutti, anche quelli che magari si trovavano lì per caso ignari di quello che avrebbero ascoltato. E la cosa che ci ha davvero colpito è l’umiltà, la semplicità, la spensieratezza con cui la serata viene affrontata, come se questi illustri signori con alle spalle 40 anni di rock progressivo si fossero fermati davanti allo scorrere del tempo per regalarci attimi di estasi per i nostri timpani.

E come grande conclusione di questa serata, che sicuramente ricorderemo per un bel po’ di tempo, salgono sul palco insieme al Banco le Orme. E immaginatevi cosa può succedere in un concerto con due formazioni del genere che suonano insieme canzoni capolavoro come Non mi rompete. E’ qualcosa che ci viene veramente difficile da spiegare senza l’ausilio di quei musicisti che per 20 minuti ci hanno fatto viaggiare con ritmi e melodie che non si possono definire coinvolgenti perché altrimenti sarebbe troppo riduttivo. Insomma, quella di domenica è stata la conclusione in grande stile di un festival (Progressivamente) che per una settimana ci ha davvero tenuto compagnia con alcuni dei migliori musicisti della scena di ieri, di oggi e chissà… Forse anche di domani.

Carlo Cammarella

foto di Valentino Lulli

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Alla Casa del Jazz via al NO.MA Festival

NO.MA Festival è una rassegna che prenderà piede alla Casa del Jazz con una forte caratterizazione giovanile che deriva dall’esperienza fortunata delle iniziative di musica letteratura e video fatte da Normali Marziani. La prima serata, domenica 29 gennaio 2012, sarà dedicata all’ibridazione fra musica e parola: in un’età come quella contemporanea così segnata dalla contaminazione dei generi, può essere interessante dare visibilità ad alcuni progetti di accompagnamento, di fusione, di intensificazione poetica, fra parola e musica. “Gli Scontati”,  duo voce e pianoforte, composto da Lorenzo Kruger(voce dei Nobraino) e Giacomo Toni  ospiteranno in apertura del loro concerto il giornalista e critico musicale, nonché anima pulsante del Club Tenco, Enrico de Angelis per un tributo al grande autore Paolo Conte.  Enrico de Angelis leggerà alcuni brani tratti dal suo ultimo lavoro: “Tutto un complesso di cose. Il libro di Paolo Conte”  pubblicato da Giunti Editore. Sarà il teatro canzone di Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci  a concludere il No.Ma Festival. E infatti martedì 31 gennaio 2012, Andrea Labanca,  milanese con origini lucane,  apprezzato dallo stesso Jannacci e da Ivan Della Mea ci presenterà il suo spettacolo “I pesci ci osservano”, un lavoro serio, profondo e spiritoso, opera prima di un autore che dimostra apertamente di avere assimilato ed elaborato al meglio la lezione di maestri come Gaber e Jannacci.  A seguire il giovane ed affermato cantautore romano  Lorenzo Lambiase, proporrà una piccola antologia che riassume il percorso musicale tra psichedelia, elettronica, pop ed influenze post-rock. Questa dimensione sonora si fonde con la profonda ed attenta ricerca nella scrittura dei testi,  plasmando la figura del cantautore alle sonorità più sperimentali e contemporanee.

Domenica 29 gennaio ore 21 (sala concerti)

GLI SCONTATI

Concerto Tributo a Paolo Conte special guest Enrico De Angelis

Con Lorenzo Kruger (voce ) e Giacomo Toni (voce e pianoforte)

In collaborazione con MRF Progetti

Ingresso euro 5

 

martedì 31 gennaio ore 21 (sala concerti)

ANDREA LABANCA

LORENZO LAMBIASE

In collaborazione con MRF Progetti

Ingresso euro 5

Casa del Jazz: viale di Porta Ardeatina, 55

Info: 06/704731

Ingresso  5 euro

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Ibrahim Maalouf al Roma Jazz Festival

Ibrahim Maalouf, che sta sera, sabato 19 novembre avremo il piacere di vedere presso la sala Petrassi dell’Auditorium nell’ambito del Roma Jazz Festival, è considerato uno dei trombettisti di maggior talento della nouvelle vague del jazz mediterraneo. Classe 1980, Ibrahim Maalouf ha un background artistico multiculturale che spazia dalla musica classica a quella tradizionale araba. Nato in una Beirut devastata dalla guerra civile, ha lasciato presto il Libano per trasferirsi in Francia ed è diventato una figura rilevante nel panorama musicale internazionale grazie al suo grande talento. Con una profonda passione per la musica “colta” ma anche per quella tradizionale libanese, suona una tromba speciale, da lui stesso inventata per riprodurre i modi melodici della musica tradizionale araba. Diagnostic è il terzo e ultimo capitolo del trittico musicale del trombettista, iniziato nel 2007 con Diasporas, e proseguito con Diachronism due anni più tardi. Più che un proseguimento, questo album è il risultato di una ricerca al confine delle armonie, delle dinamiche tonali e dei ritmi nel punto di incontro tra differenti stili musicali. Nel disco convogliano infatti le marching bands balcaniche, le batucadas brasiliane, il Latin Jazz, l’heavy metal.

19 novembre Sala Petrassi

Inizio concerto ore 21

Biglietto: posto unico 15 euro

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Il Roma Jazz Festival presenta Roberta Gambarini

Roberta Gambarini, che sarà di scena all’Auditorium domani, 18 novembre, nell’ambito del Roma Jazz Festival, è una cantante jazz italiana che, dopo aver vinto una borsa di studio, a vent’anni si è trasferita negli Stati Uniti. Nel 2006, a due anni dal suo debutto, è stata candidata per un Grammy Award che, per una giovane cantante in erba, rappresenta un primo grande passo verso il successo. Artista dinamica e virtuosa, ottiene sempre splendide recensioni, grande sostegno e apprezzamento da parte di pubblico e critica. Il suo approccio strumentale e il suo caldo timbro vocale, il timing e l’intonazione impeccabile, la sua incredibile tecnica oltre alle sue innegabili capacità improvvisative, che esprime anche nello scat-singing, sono qualità che vengono ampiamente espresse nella esecuzione di standard jazz e classiche songs provenienti dal grande songbook americano.

18 novembre Sala Petrassi

Inizio concerto ore 21

Biglietto: posto unico 15 euro

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