Jazz Agenda

Manuel Magrini racconta il suo ultimo disco Dreams: un viaggio tra sogno e realtà

Pubblicato il 30 ottobre da Encore Music, Dreams è il secondo album del pianista umbro Manuel Magrini che vede la partecipazione di Francesco Ponticelli al contrabbasso e Bernardo Guerra alla batteria. Un progetto dai tratti onirici con due fili conduttori principali: il sogno ed il viaggio. Manuel Magrini ha raccontato a Jazz Agenda questa nuova avventura discografica.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Si intitola “Dreams” ed è un disco in piano trio che parla di sogni e viaggi. È il mio secondo lavoro da solista pubblicato dall’Encore Music, prodotto da Roberto Lioli e Vittorio Bartoli, e non vedo l’ora di farlo ascoltare a tutti! In questa avventura, sono accompagnato da due grandissimi musicisti come Francesco Ponticelli (al contrabbasso) e Bernardo Guerra (alla batteria). La scaletta è composta da tutti miei brani originali con l’unica eccezione di “Après un rêve” di Gabriel Fauré, concepito originariamente per piano e voce e riadattato in trio per l’occasione.

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Comporre musica è sempre stata un’esigenza naturale sin da quando ero un bambino, un po’ per la gioia di giocare con i suoni e un po’ per il bisogno di fissare determinati stati d’animo e “moti interiori” che provo; e per fare ciò, non conosco un linguaggio migliore di quello musicale: così astratto e allo stesso tempo diretto. Con l’uscita del mio primo disco in piano solo “Unexpected”, ho iniziato a viaggiare tantissimo facendo concerti in Italia e nel mondo. Le esperienze fatte, oltre a darmi occasioni per maturare, mi hanno sempre lasciato sensazioni forti, scoprendo nuove culture, arte, natura ma soprattutto per le belle relazioni personali che questo meraviglioso lavoro permette di instaurare. Tutte queste sensazioni vengono amplificate nei sogni che faccio e che vivo come un ulteriore viaggio interiore e per questo, in ogni posto dove sono stato, ho sempre scritto almeno un’idea musicale. Perciò, alla base del progetto c’è stata la volontà di raccogliere i vari brani composti e associati ad ogni viaggio/sogno fatto e dargli una forma. La scelta del piano trio è stata una conseguenza naturale, perché avevo bisogno di espandere la tavolozza sonora utilizzata fino ad allora nel piano solo. Bernardo e Francesco sono stati i compagni ideali per questa avventura, perché hanno avuto la sensibilità e l’esperienza per capire le mie idee ma allo stesso personalizzare fortemente i loro ruoli nelle composizioni.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

È contemporaneamente punto di arrivo e di partenza. Punto di arrivo perché rappresenta la concretizzazione di un percorso di crescita e ricerca fatto fino ad allora; allo stesso tempo, diventa anche un punto di partenza, perché rappresenta la base del nuovo discorso musicale che dovrà essere sviluppato da lì in poi. È stato così, per me, il primo disco, e lo è anche questo nuovo ora.

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?

Per primo non posso fare a meno di citare Ramberto Ciammarughi, geniale pianista, umbro come me, col quale ho iniziato i primi studi sull’improvvisazione quando avevo 15 anni e grazie a lui ho iniziato a pormi alcune domande fondamentali: cosa voglio comunicare quando suono? Come posso sviluppare il mio racconto musicale per far sì che arrivi agli altri? Sulla base di questo ho costruito tutto il resto. Per quanto riguarda i musicisti storici, mi sento profondamente legato a Bill Evans, per la genialità che c’è in ogni elemento della sua musica, ma soprattutto per l’enorme umanità e comunicatività, che mi fanno mi commuovere ad ogni ascolto. Poi c’è Art Tatum per il pianismo, Miles Davis per il concetto di “rischiare” e vivere pienamente il presente quando si suona (ho come riferimento il live al Plugged Nichel col suo secondo quintetto), poi c’è Coltrane per la spiritualità nel fare musica... Insomma, se dovessi citarli tutti rischierei di annoiarvi! Per quanto riguarda i giovani, c’è il pianista armeno Tigran Hamasyan che apprezzo tantissimo, soprattutto nel modo di comporre. Infine, direi che è sempre stato fondamentale il mio amore per la musica classica. Studiarla, per un pianista, equivale a conoscere la storia del proprio strumento: dall’approccio polifonico del clavicembalismo (al quale sono molto legato) alla ricerca timbrica e le evoluzioni della tecnica strumentale del novecento; e qui sarebbero troppi gli autori da citare: ve lo risparmio! Posso dire che in ognuno degli ascolti che faccio, trovo una parte di me e mettendo insieme ogni pezzetto, come un puzzle, costruisco la mia personalità artistica.

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?

Pur non avendo certezze, credo di avere degli indizi: negli ultimi cinque anni ho iniziato una piccola rivoluzione personale nel mio modo di percepire il ritmo ed usarlo come mezzo espressivo. Sto esplorando la composizione di brani con più ampio respiro rispetto a forme brevi legate al mondo delle songs; questo anche quando scrivo per formazioni di matrice jazzistica come, appunto, il piano trio. Infine sto facendo i miei primi passi nel mondo delle tastiere e dell’elettronica. Questa è la direzione che sta prendendo la mia ricerca musicale e che, credo, svilupperò in futuro.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche progetto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

La situazione attuale, purtroppo, non sta permettendo, a noi musicisti, di vivere serenamente l’attività concertistica e da inizio anno fino ai prossimi mesi, sono stati annullati (o posticipati), molti concerti che avevo già in programma, sia in Italia che all’estero. È triste pensare che il concerto di anteprima del disco lo abbiamo fatto sul palco principale del Ronnie Scott’s a Londra l’anno scorso ed ora si fatica a trovare occasioni per suonare vicino a casa. Chi mi segue sui Social verrà informato presto sulle prossime date disponibili dei concerti. In ogni caso speriamo che il 2021 sarà migliore per tutti i musicisti dal punto di vista concertistico. Per quanto riguarda nuovi progetti, direi che bollono in pentola molte cose. Anzitutto, sto scrivendo tantissimo per piano solo e, quando tutto sarà maturo, sicuramente verrà fissato su disco. Inoltre, sto preparando nuove composizioni con Roberto Gatti (percussionista perugino) che registreremo per il nostro progetto “Uribe” (potete trovare già, su internet, molte cose che abbiamo fatto). Sono, poi, molti i progetti musicali nei quali sto contribuendo (da sideman) con musiche scritte da me come, ad esempio, i “Reverse” con i quali siamo stati in tournée in Malesia e nel Borneo negli anni passati.

Infine, direi che è da tenere d’occhio il duo con Cristina Zavalloni, che è nato da poco ma sta già dando grandi soddisfazioni. Vi consiglio di ascoltare su YouTube (nel canale dell’Egea Music) il nostro recente concerto svoltosi a Cesena e trasmesso in streaming per i circuiti musicali Colombiani.

 

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